marzo 17, 2025

AUMENTANO LE FIERE DEL LIBRO, MA CALANO MERCATO E LETTORI.


MA I FESTIVAL SONO UTILI AL PAESE CHE NON LEGGE?

Di Paolo Di Stefano
(Scrittore, giornalista, critico letterario, curatore editoriale, poeta, librettista e direttore artistico italiano)

Corriere della Sera - 15 marzo 2025

Si annuncia alla grande la IX edizione del Book Pride, fiera nazionale dell’editoria indipendente, prevista a Milano tra il 21 e il 23 marzo. Le premesse sono le migliori. Grandi nomi internazionali e significativi autori italiani si ritroveranno sotto l’insegna «Danzare sull’orlo del mondo», tema di questa edizione. Siamo pronti a giurare che alla fine i numeri supereranno quelli dell’anno scorso. La poesia, lo sport, i classici, le parole, i fumetti, ci sarà di tutto. E tanti scrittori e scrittrici, giornalisti e politici sono sempre contenti di presentare i propri libri. Gli editori forse un po’ meno, dovendo disporre di macchine organizzative all’altezza del turbinio di manifestazioni che si svolgono in Italia quasi senza tregua.

Da diversi decenni, ormai, tutte le kermesse editorial-librarie, da Torino a Mantova, da BookCity a Pordenonelegge, aumentano le loro performance: eventi e presenze. Eppure, i conti non tornano, se è vero che, secondo i dati ricorrenti, cala il mercato, calano i lettori e peggiora la qualità della lettura, che è frammentaria, occasionale e scadente. So che un ragionamento del genere rischia di apparire un poco disfattista a chi si impegna a organizzare festival straordinari e ne esce ogni volta estenuato ma entusiasta. Ma il sospetto è che alla lunga le feste del libro finiscano per sostituire la lettura. E al di là del conclamato successo del rito collettivo, non sarà arrivato il momento di chiedersi se non ci siano modi migliori di investire denaro pubblico per far leggere gli italiani?

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